Tra le vite degli altri

Pubblicato il 10 settembre 2025 alle ore 19:45

Esiste una particolare qualità di dolori che non ci appartengono eppure ci sfiorano, ci smuovono, ci lasciano un’eco dentro. Non possiamo viverli come se ci appartenessero eppure non possiamo nemmeno ignorarli; si insinuano tra i nostri pensieri e i nostri sentimenti, come uno squarcio nella routine quotidiana e aprono spazi silenziosi, spesso inesplicabili.

Qualche giorno fa, un paziente, Giacomo (nome di fantasia),  mi raccontava di un senso di pesantezza che lo aveva accompagnato tutta la settimana. Non riusciva a dirmi a chi appartenesse questa emozione ma era certo di due cose: che si trattasse di dolore e che non fosse il suo, piuttosto parlava di un’eco che gli arrivava da fuori: le difficoltà di un amico, una notizia di cronaca ascoltata distrattamente, lo sguardo perso di un collega.. “È come se mi rimanesse addosso qualcosa che non so spiegare”, diceva, quasi sorpreso dal fatto che certi frammenti di vita altrui riuscissero a incidere sul suo umore.

Dal punto di vista psicologico, non si tratta di un fenomeno insolito: Bion parlava di risonanza emotiva per descrivere quel passaggio sottile che consente a un sentimento di circolare tra le persone, senza che ci sia bisogno di parole. Non è empatia nel senso comune ma piuttosto una forma di contiguità emotiva, un toccarsi silenzioso che lascia una traccia dentro di noi. Anche nella stanza d’analisi questo accade continuamente: io non posso soffrire al posto del mio paziente, non posso caricarmi sulle spalle il suo dolore, ma posso sentirlo, contenerlo, trasformarlo in qualcosa di pensabile insieme. È questo spazio intermedio, fatto di ascolto e di presenza, che apre la possibilità di un lavoro psicologico. Nella vita di tutti i giorni, questa risonanza si manifesta in mille modi: una scena di un film, una canzone che arriva all’improvviso, il racconto di un avvenimento lontano. Chiedo a Giacomo di "farmi entrare" nella sensazione della quale mi parla e, per farlo, mi riporta un esempio:  Bridge Over Troubled Water, canzone di Simon & Garfunkel, canzone che smuove in lui questa sensazione, questa emozione alla quale non sa dare un nome e così gli propongo di ascoltarla insieme: si commuove senza capirne davvero il motivo, e, con sguardo  contrito mi dice: “non è il mio dolore, ma è come se lo sentissi vicino”. Forse è proprio questo il mistero: certe melodie, certi racconti, hanno la capacità di contenere dolori non nostri, e nel farlo ci restituiscono la sensazione di essere parte di qualcosa di più grande, un tessuto invisibile che ci lega. Allora viene da chiedersi se il dolore degli altri sia, forse, un dolore che non possiamo mai comprendere del tutto, ma che ci attraversa inevitabilmente, invitandoci a incontrare zone del nostro sentire che altrimenti resterebbero nascoste. Forse è come un’eco lontana: non ci appartiene, non ci travolge, ma vibra dentro di noi, lasciando una traccia sottile che ci ricorda la nostra umanità.

Giacomo continua "..Eppure ognuno resta, in fondo, più concentrato sul proprio dolore, perché è l'unico che ci sembra vero, l'unico degno di essere nei nostri pensieri", faccio da Eco a questa frase che sento molto forte "Il dolore degli altri è dolore a metà" (Disamistade, Fabrizio De André) quando Giacomo si arrabbia " sì ma non dovrebbe essere così, non può non importarci del dolore degli altri e lavarcene le mani!" 

Ecco, allora un po’ come in Bridge Over Troubled Water: se anche le acque agitate sono sempre quelle dell’altro, noi possiamo avere un ruolo,  possiamo stare accanto, possiamo sentire la loro corrente passare sotto il ponte, e lì, in quella presenza silenziosa, si apre uno spazio che non è né tuo né mio, ma che appartiene a entrambi, seppure in misura diversa; possiamo far sì diventi un punto di contatto con la nostra umanità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

 

Bion, W. R. (1972), Apprendere dall’esperienza, Roma: Armando Editore.

Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E. L., & Target, M. (2005), Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé, Milano: Raffaello Cortina.

Stern, D. N. (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Torino: Bollati Boringhieri.

Ogden, T. H. (2005), Reverie e interpretazione, Milano: Raffaello Cortina.

 

Crediti immagine

 

 Georgia O'Keeffe, "Blue and Green Music", 1921

 

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